Massimo Pastura
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Era finita da pochi anni la prima Guerra Mondiale, tra i periodi più bui della pur lunga e cruenta storia dell’umanità. La fillossera aveva nel frattempo distrutto quasi completamente un patrimonio viticolo, antico di millenni, come quello piemontese.

E’ poetico, ma al tempo stesso molto verosimile, immaginare Osvaldo Bologna, all’inizio degli anni venti del secolo scorso, camminare a fianco del padre Luigi sul sentiero che portava e porta ancora oggi a quella vigna di Barbera, battezzata a memoria d’uomo “Vignassa”, sulla quale entrambi avevano scommesso per il loro futuro e quello della loro famiglia. 

Le viti, reimpiantate con l’abilità di vignaioli esperti e non piegati dalle avversità naturali, abbandonato l’antico “piede franco”, crescevano rigogliose sui porta-innesti americani , conosciuti come Rupestris du Lot.

Il demone della filossera era definitivamente scacciato, iniziava una nuova era di duro lavoro ma di altrettanta speranza, poi coronata da risultati positivi.

E’ attorno a quella vigna che dunque nasce e si sviluppa un’attività dedicata alla vite ed al vino che crescerà passo passo nei decenni, secondo i ritmi lenti e ragionati della sana tradizione contadina piemontese.

Negli anni ’30, mentre Osvaldo continua ad occuparsi a Moasca dei vigneti di famiglia, il cognato Pietro Barbero, cogliendo le tendenze dell’epoca che vedevano i produttori più intraprendenti aprire “bottega” nelle grandi città, fa nascere a Torino la “Casa Vinicola” con annessa trattoria, dedicata naturalmente alla Barbera: un successo, che consente ai già ottimi vini prodotti nella cantina di famiglia, di farsi conoscere ed apprezzare da un pubblico molto più vasto, abbinati alla gustosa cucina monferrina.

Poi il mondo ripiomba per anni nel buio di un’altra guerra mondiale, che blocca di fatto ogni attività imprenditoriale. Ma la “Vignassa” con i suoi piccoli ma generosi grappoli è ancora lì, ad attendere paziente che tutto riprenda il suo corso e così avverrà.

Alla fine degli anni ’60 Piera Bologna ed il marito Giulio Pastura, rilevano la conduzione della Vinicola di Torino dallo Zio Pietro, mentre il padre Osvaldo continua a seguire i vigneti a Moasca: gli anni successivi gradualmente archiviano la  presenza di “Vinicole” nelle grandi città. Cambia progressivamente, il tipo di distribuzione ed il mercato del vino.

La famiglia Pastura, come aveva sempre fatto, si adegua e pensa a rinforzare il suo antico legame al territorio, acquisendo nuovi vigneti e costruendo una nuova cantina più ampia e moderna, dopo aver lasciato definitivamente Torino.  Continua  a produrre vini curati con esperienza dai filari alla cantina, che incontrano sempre più i gusti dei consumatori, affacciandosi anche sui mercati esteri.

Nel 1989 Massimo Pastura affianca il padre Giulio e mamma Piera nella conduzione dell’Azienda Agricola di famiglia “Cascina La Ghersa”. Il suo giovanile entusiasmo, sollecitato da una passione autentica, ha come primo obbiettivo quello di puntare con convinzione sulla Barbera d’Asti, come vino leader della produzione, senza tuttavia trascurare gli altri vitigni autoctoni, come ad esempio il fragrante ed aromatico Moscato. La cantina cresce, anche strutturalmente, con la costruzione di un reparto di affinamento in botti piccole e medie e l’acquisizione di tutte le più aggiornate tecnologie di vinificazione

La “Vignassa” diventa subito il “cru” di riferimento per la produzione, una Barbera d’Asti che nasce esclusivamente dalle uve preziose della vecchia vigna omonima ed ottiene immediato successo presso i consumatori , la critica e le guide di settore più qualificate, grazie alla sua indubbia qualità.

Un vino che riassume al meglio il significato di storia, passione e legame col territorio, che sono ancora oggi le ragioni dominanti che ispirano l’intenso lavoro di Massimo Pastura.

 

Adriano Salvi

Azienda Agricola Massimo Pastura - Cascina la Ghersa
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