Massimo Pastura
Moasca
Il vitigno Barbera

MOASCA: “terra, città in mezzo alle acque”

Le origini del nome del Comune di Moasca si possono ricondurre a due interpretazioni date al toponimo: il suffisso –asca farebbe pensare ad una origine ligure del nome con significato “terra, città in mezzo alle acque”, ed il nome Muasca segnalato nel 1198 dal Codex Astensis, come prediale del nome personale romano Modius.

Il comune è situato tra i fiume Belbo e Nizza, a circa  25 Km.a sud di Asti.

Arrivando da Calosso, lungo la valle che scende da Canelli (distante 6 Km. da Moasca) il paese appare appoggiato dolcemente su un tozzo colle verdeggiante, dalla sommità vasta e piatta. Il  territorio si estende per circa 4.13 Km quadrati sui rilievi collinari.

L’economia è basata principalmente sull’agricoltura: la coltivazione della vite costituisce la fonte di reddito primaria per gli agricoltori. I vini Barbera d’Asti, il Moscato d’Asti sono, senza dubbio, il fiore all’occhiello dell’enologia del luogo.

Nel concentrico si arriva lasciando la strada provinciale Asti-Canelli all’incrocio presso la frazione Annunziata, scorgendo sulla destra la cappella votiva dedicata alla  SS. Nunziata. Percorrendo la strada in salita, dopo alcune curve, si giunge nella centrale Piazza Castello. Appena giunti nel concentrico è possibile ammirare, accanto al palazzo Municipale, i resti dell’antico e possente maniero costruito sulle rovine del precedente, nel XIV secolo.

La storia di Moasca è strettamente legata a quella del Castello che sorge nel centro del paese.

Gian Secondo De Canis nella Corografia Astigiana, scriveva che il castello “…è una rocca del XIV secolo, fiancheggiata a levante da due enormi torrioni altissimi e rotondi, le cui cime con quella del castello erano coronate di merli, ridotti ora a coperto di tegole. Non si può salire al Castello che col mezzo d’un alto e stretto ponte levatoio a leva da cui si passa ad un barbaro dongione…”

Le parti attualmente esistenti del castello di Moasca sono quanto rimane dell’edificio costruito nel 1351 così come apprendiamo da una enigmatica scritta posta ancora oggi sulla sommità del portale d’ingresso.La precedente fortificazione fu  rasa al suolo nel 1308, dopo un lungo e difficile assedio, non sono note né l’origine né la forma.

Secondo quanto riportato da alcuni storici relativamente alle forme architettoniche relative al precedente castello si può rilevare soltanto un vago accenno alla presenza di un dongione. In nostro aiuto non accorre neanche la miniatura del Codex Astensis, che rappresenta una tozza costruzione quadrilatera, sormontata da un ordine di sei bifore e un giro di merli: è una immagine che risale, presumibilmente, alla metà del Trecento e non è da escludere che abbia solamente un significato allusivo, senza aderenza alla realtà.

Due ipotesi possiamo avanzare: potrebbe rappresentare il primitivo dongione o, forse, e questa ipotesi parrebbe la più plausibile, si tratterebbe della raffigurazione del nuovo castello, ancora in costruzione, e quindi privo delle due torri cilindriche.

Al fine di comprendere le vicende che portarono alla distruzione del primitivo castello è doveroso ricordare le sanguinose lotte intestine che turbarono il comune di Asti nel Trecento. Queste ultime si collegavano agli scontri fra Guelfi e Ghibellini.

Al sopravvento Ghibellino del 1303 era, infatti, succeduta la riscossa Guelfa del 1304 che aveva causato l’esilio della famiglia dei De Castello e dei loro aderenti, i quali si erano rifugiati nei castelli del contado, fra cui Moasca.

Nel mese di luglio del 1308 i Guelfi assediarono il castello di Moasca baluardo Ghibellino. L’assedio fu, senza dubbio, di non poco conto; secondo quanto riportato dagli storici i Guelfi radunarono un esercito di 300 militi chieresi. In aiuto ai Ghibellini giunse il Marchese Del Carretto con 500 fanti e 100 balestrieri.

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